Il Vento Solare

 

Nonostante la corona solare propriamente detta arrivi a "soli" 17 milioni di km di distanza dal Sole la longa manus del nostro astro spinge più in là, fino ai limiti del Sistema Solare, grazie ad un vento continuo di particelle che spira espandendosi nello spazio inter planetario e trascinando con sé i campi magnetici che hanno origine sulla superficie della stella: è il "vento solare", come è stato definito da Eugene N.Parker, grane studioso dei fenomeni magnetici in astrofisica. La rilevazione diretta del vento solare si ebbe solamente con l'avvento dell'era spaziale, che consentì precise misure tramite satelliti: il Lunik II ed il Lunik III lo rivelarono per la prima volta nel 1959 durante il loro viaggio verso la Luna. Già nel 1934 però

i geofisici avevano constatato che le perturbazioni del campo magnetico terrestre, le tempeste geomagnetiche, si susseguivano secondo il periodo di rotazione del Sole (mediamente 27 giorni) e nel 1940 S. Chapman e J. Bartels suggerirono l'esistenza di flussi di particelle di origine solare per spiegarne la causa. Successivamente molte sonde interplanetarie hanno fornito preziose informazioni circa le condizioni fisiche e la struttura del vento solare, in particolare i Pioneer 10 e 11 ed i Voyager 1 e 2, che continuano a raccogliere e trasmettere dati sulla temperatura e la densità da distanze che ormai travalicano i confini del sistema dei pianeti.

Composizione e origine

Oggi sappiamo quindi che il vento solare è composto essenzialmente da elettroni e ioni, per la maggior parte protoni, con un contributo minore di particelle alfa (circa il 4%) ed altri elementi. Si tratta perciò di un plasma caldo, poiché ha una temperatura di 100.000 K in prossimità della Terra, che scende a 10.000 K ad una distanza di 10 Unità Astronomiche (1 U.A. = 1,496 x 108 km), equivalenti circa all'orbita di Saturno. La velocità media è di 1,62x106 km/h, quella minima 720.000 km/h e la massima può toccare i 3,24x106 km/h (poco più di 3/1000 della velocità della luce). Le rilevazioni indicano inoltre che essa si mantiene pressoché costante tra 0,3 e 10 U.A. di distanza dal Sole. La densità di elettroni e ioni in condizioni di quiete è dell'ordine di 5 particelle/cm3 vicino alla Terra e diminuisce come l'inverso del quadrato della distanza dal Sole ma a seconda dell'attività solare può assumere valori anche 20 volte maggiori. Le regioni d'origine del vento solare sono i buchi coronali, visibili nella corona nella banda dei raggi X e in cromosfera nella riga dell'elio neutro (Hel) a 1082 nm di lunghezza d'onda. Le immagini mostrano zone in cui campi magnetici che si elevano dalla fotosfera non si chiudono formare dei cappi che tengono confinato il plasma come accade ad altezze inferiori ai 400.00 km, ma le linee di forza si estendono verso lo spazio interplanetario a causa della diminuzione dell'intensità del campo con l'altezza e della pressione del plasma caldo, che può così espandersi verso l'esterno, dando origine al mezzo interplanetario. Probabilmente lo stesso meccanismo che riscalda la corona fornisce anche l'energia necessaria per accelerare il gas tramite l'azione del campo magnetico. In queste zone il plasma è meno denso e ha una temperatura inferiore rispetto a quella delle zone circostanti e quindi emette meno radiazione, risultando scuro: da ciò il nome buchi coronali, che appaiono evidenti nella caldissima e luminosa corona emittente raggi X.

Le missioni spaziali

Già nel 1957 M.Waldmaier aveva notato persistenti e ricorrenti "buchi" nell'emissione monocromatica della corona, ma determinante fu la missione Skylab (1973-74) perché consentì di studiarne l'evoluzione con continuità per 9 mesi. Di solito si osserva comparire un piccolo "buco" in prossimità dell'equatore solare, che poi si ingrandisce fino a collegarsi con la regione polare della stessa polarità magnetica alla sua massima estensione, per poi restringersi a conclusione di un'evoluzione che dura in tutto 8 mesi. Circa 5 giorni dopo il passaggio di un buco coronale al meridiano centrale, la Terra viene investita da un flusso di vento solare ad alta velocità che le sonde rilevano a conferma della teoria che i buchi coronali sono proprio le regioni di accelerazione del vento. Per approfondire i meccanismi di accelerazione grandi aspettative sono riposte nella missione spaziale SOHO, che effettuerà osservazioni della corona con l'esperimento UVCS, un sofisticato coronografo per l'ultravioletto alla cui realizzazione contribuiscono anche ricercatori italiani, e nella missione Ulysses, che effettuerà per la prima volta osservazioni delle regioni polari del Sole. A causa della rotazione del Sole intorno al proprio asse, il campo magnetico interplanetario trasportato dalle particelle del vento solare si dispone a formare una spirale archimedea, come accade per lo spruzzo d'acqua di una pompa rotante per innaffiare i giardini. Inoltre esso è suddiviso in 4 settori, dove assume alternativamente orientazioni diverse (verso il Sole oppure dal Sole). L'intensità è di 10 nT (1 nT = nano-Tesla) vicino alla Terra (3/10.000 di quello terrestre) e circa la metà a 10 U.A. Il campo magnetico trasferisce anche momento angolare dal Sole al vento solare, determinando così un'azione di frenamento della sua rotazione fino all'arresto totale che avverrebbe in 10 miliardi di anni, praticamente l'età stimata della nostra stella, mentre il continuo flusso di particelle condurrebbe ad una perdita totale della massa solare in un tempo molto superiore, dell'ordine di 10 alla 14° anni. Attualmente si ritiene che il vento solare perda la sua identità sfumando nel mezzo interstellare ad una distanza di 100 U.A., limite chiamato elio pausa che racchiude la sua regione di influenza, definita eliosfera.

 Torna alla pagina di Andromeda